sabato 31 marzo 2007

La nuova frontiera del marketing è il subconscio


Il Brighthouse Institute for Thought Science ha contribuito allo sviluppo del neuromarketing, una nuova disciplina il cui obiettivo è capire come il cervello risponde agli stimoli pubblicitari, rilevando mediante risonanza magnetica le reazioni della mente all'esposizione di un certo prodotto.

I primi risultati delle ricerche hanno dimostrato che l'area cerebrale deputata alla scelta di una merce è la corteccia prefrontale. Uno degli studi più famosi pubblicati è quello di "Coca-Cola vs Pepsi": i soggetti volontari hanno assaggiato le due bevande senza che venisse loro rivelato di che marca si trattasse. Quando è stato chiesto loro di individuare se avessero bevuto Coca-Cola o Pepsi e di esprimere una preferenza in merito, non sono stati in grado di operare una distinzione, nè di emettere un giudizio di piacevolezza. Al contrario, quando veniva data loro la possibilità di vedere anche il brand della bevanda, la maggioranza ha dimostrato una spiccata predilezione per la Coca-Cola: potenza della pubblicità e del marketing.

Mentre molti neurologi sono contrari a questo uso improprio della tecnica di neuroimaging, alcune industrie, interessate ad ampliare il proprio bacino di consumatori e il proprio giro d'affari, stanno finanziando con milioni di dollari questa operazione.

Visto il business circolante attorno alle ricerche di mercato è naturale che gli interessi economici possano prevalere e così come non stupisce che la comunità scientifica abbia rammentato che l'uso di risonanza magnetica cerebrale debba sempre essere effettuato nel rispetto dell'etica deontologica.

Credo non avrebbe senso vietare questo tipo di attività, anche perchè ormai si è formato un nuovo filone di ricerca che sarebbe molto complesso da arrestare. Le pubblicità future sembrano quindi innestarsi su indagini volte a sondare le reazioni spontanee e immediate di fronte a un prodotto, più che sulle intenzioni dei consumatori e sulle loro impressioni successive.

Non ha senso cercare di arrestare il progresso, ma regolamentarlo risulta invece necessario; infatti se esistessero norme e criteri guida adottati universalmente, a cui tutti gli addetti ai lavori dovrebbero conformarsi, si potrebbe agire nel rispetto dell'utente e con fini non esclusivamente di lucro: basti pensare a potenziali applicazioni nel campo delle pubblicità progresso o della sensibilizzazione riguardo a tematiche sociali come droga, alcol e sicurezza.

Inoltre non va trascurata un'altra interessante implicazione, che si basa su un rovesciamento della prospettiva vigente. Se oggi è la scienza al servizio del marketing, un domani la propulsione verso lo sviluppo di pubblicità sempre più mirate potrebbe diventare una delle anime della ricerca scientifica e gli ingenti fondi investiti nel miglioramento delle tecniche di neuro imaging potrebbero avere una ripercussione positiva anche in ambito clinico.



venerdì 30 marzo 2007

Ciò che crea paura negli altri spaventa anche noi

I risultati di uno studio del Dipartimento di Psicologia della Columbia University confermano che c'è una base comune tra la paura provata in prima in persona e quella derivante dalle esperienze altrui.

Perchè abbiamo paura di stimoli con cui non siamo mai stati in contatto? Perchè nell'immaginario infantile, la minaccia più sentita è il lupo, che non appartiene alla sfera esperienziale del bambino, invece delle ben più conosciute armi? Questo accade perché il cervello impara ad avere paura anche attraverso ciò che accade agli altri.

Guardare qualcuno a cui succede qualcosa e osservare le sue espressioni e i suoi movimenti attiva un’area del lobo temporale, l’amigdala, che è coinvolta nei meccanismi di regolazione del timore e dell'ansia. Questa struttura si attiva sia quando siamo noi a sperimentare una situazione angosciosa che quando capita agli altri.

I soggetti sperimentali che hanno partecipato allo studio, in un primo momento hanno assistito ad un video in cui un soggetto che osservava un monitor veniva sottoposto ad una piccola scossa elettrica ogni volta che compariva sullo schermo un quadrato blu. I ricercatori hanno notato che quando la persona nel video riceveva la scossa, i partecipanti manifestavano segni di sofferenza, pur non subendo alcun tipo di ripercussione fisica.

In un secondo momento è stato detto loro che avrebbero partecipato ad un test simile a quello cui avevano assistito e poco dopo sono stati messi davanti ad un monitor nel quale comparivano a caso quadrati gialli e blu. Quando apparivano i quadrati blu, i soggetti esperivano una sensazione di marcato timore, come se anticipassero una scossa, anche se non l’avevano mai ricevuta prima.

Lo studio quindi suggerisce che le paure acquisite indirettamente possono risultare altrettanto intense di quelle originatesi in seguito ad esperienze dirette, in questo modo si spiega perché le persone si spaventano davanti ai film horror e perché i bambini imparano ad avere paura dei serpenti, dei ragni o anche di persone “diverse”, solo attraverso l'osservazione delle reazioni dei genitori e degli adulti che li circondano.

Per informazioni più dettagliate sulla ricerca, consultate il giornale on-line Social Cognitive and Affecting Neuroscience su cui sono stati pubblicati i risultati.

Foto by Powerpig

giovedì 29 marzo 2007

Yahoo! è in testa nella guerra tra i provider


A partire da maggio gli utilizzatori della posta elettronica di Yahoo! avranno a disposizione lo spazio necessario per conservare nella propria casella tutte le e-mail e gli allegati che desiderano.

Yahoo! ha infatti annunciato che gli oltre 250 milioni di internauti che usano attualmente la sua posta elettronica non dovranno più porsi alcun problema di spazio: la capienza delle mailbox, che ora è pari a un gigabyte, diventerà illimitata. La casella mail è usata sempre più spesso per scambiare foto, musica e video, ma quando i byte a disposizione sono terminati, è necessario fare pulizia e cancellare qualcosa, eliminando comunicazioni che magari avremmo conservato volentieri.

I tecnici di Yahoo! hanno deciso di venire incontro ai loro utenti puntando sulla ristrutturazione del concetto di casella mail, poichè grazie a questa innovazione essa non sarà più solo uno strumento per comunicare, ma un vero e proprio archivio digitale della vita di ciascuno. La mailbox diverrà una sorta di diario quotidiano in cui andrà a confluire tutto il materiale che contribuisce a definire le nostre giornate: dallo spiritoso ppt che rallegra una grigia mattinata di lavoro, fino ai documenti professionali che preferiamo tenere in memoria, nonostante sia possibile salvarli su disco fisso.

La guerra dei gigabyte tra i erogatori del servizio di posta elettronica continua, e c’è da chiedersi come risponderanno alla mossa di Yahoo! gli altri protagonisti del settore. Ora come ora, Microsoft offre 2 giga massimi di spazio, gratuitamente, mentre Google ha fissato in 2,8 giga il tetto massimo della sua Gmail. La nuova offerta di Yahoo! sarà gratuita e per uso personale: nessuno potrà vendere lo spazio ad altri utenti.

Yahoo! ha presentato recentemente anche un'altro servizio che offre agli editori di siti Web la possibilità di pubblicare e gestire la pubblicità sul cellulare. L'azienda precisa di avere in programma di offrire lo Yahoo Mobile Publisher Services, ossia un insieme di strumenti per pubblicare annunci i quali saranno connessi alle ricerche che gli utenti abitualemente fanno sui browser che funzionano sui telefonini.

La Yahoo Mobile Publisher Service verrà lanciato in 19 paesi, nel tentativo di convincere la folta schiera di editori con cui collabora che i messaggi promozionali verranno visti da un pubblico abbastanza ampio da rendere l'investimento redditizio.

Credo che l'iniziativa possa portare a sviluppi positivi, tuttavia è necessario in primis individuare il target cui la comunicazione è mirata che dovrà essere molto specifico e settoriale, pena la perdita di interesse per il servizio da parte degli utenti: uno spot è visto come un'opportunità da cogliere solo se può portare realmente convenienza al singolo in relazione al suo stile di vita.

In secondo luogo, la pubblicità dovrebbe essere posizionata in modo da infastidire il meno possibile l'attività intrapresa dall'utente e allo stesso tempo in modo da offrire il maggior vantaggio possibile, rinnovando la regola generale secondo cui un prodotto di successo è quello che comporta il minor costo e il maggiori beneficio psicologico per l'utente.

Foto by paulychamp

mercoledì 28 marzo 2007

Nasce la Psicologia Turistica


Negli ultimi anni, all'interno di quell'ampio settore d'indagine che e' la Psicologia Sociale, si è sviluppata una nuova e importante branca definita Psicologia Turistica.

Chi si occupa di turismo (operatori turistici, imprenditori, enti, comuni, ecc) tende solitamente a trattare gli aspetti di tipo geografico-economico, ignorando fattori cognitivi, emotivi e sociali che influenzano tale fenomeno; questi ultimi sarebbero invece da prendere in seria considerazione al fine di coniugare l'attività turistica con l'appagamento dell'utente.

Pensiamo ad esempio alla soddisfazione del turista, al comportamento nella localita' di vacanza, alle intenzioni e alle motivazioni che spingono gli individui a viaggiare, alle interazioni fra turisti e abitanti del luogo, ai processi decisionali sottesi alla scelta di andare o meno in ferie: tutte queste sono tematiche prettamente psicologiche applicabili all'area turistica.

Il rapporto tra la psicologia ed il turismo solo recentemente si e' andato consolidando e tutto ciò sembra paradossale se si considera che al giorno d'oggi, il turismo rappresenta la principale attivita' economica del mondo e muove oltre 5 miliardi di persone ogni anno.

La definizione piu' diffusa di turista, lo identifica come un individuo che si trova al di fuori della sua abituale sede di residenza per un determinato periodo di tempo e che spende il proprio reddito in un luogo differente da quello in cui lo produce, tuttavia questa descrizione rivela da subito i suoi limiti; infatti i ricoverati in ospedale o i militari che dormono nella caserma di un paese in cui non sono residenti, non fanno parte della categoria turisti, ma in base ai criteri di discriminazione adottati, dovrebbero esserne inclusi a pieno diritto.

Proprio per questi motivi, per qualificare il profilo del turista, si aggiunge un nuovo fattore, un fattore psicologico appunto, ossia la motivazione con cui il soggetto affronta sia il viaggio che le spese, e ciò implica che la scelta del soggetto di viaggiare e spendere lontano da casa debba essere libera e volontaria per poterlo definire turista a pieno titolo. Il turismo viene allora classificato sia come uno spostamento prolungato che come un versamento di denaro, messi in atto dall'individuo volutamente e per motivi di piacere.

Lo Psicologo del Turismo non è una figura ancora molto diffusa, ma il suo ambito d'azione è molto chiaro: si occupa dell'uomo in quanto turista e di tutte quelle problematiche e dinamiche che lo contraddistinguono nell'ambito vacanziero. Egli analizza questi elementi e, se necessario, cerca di offrire il suo contributo per un miglioramento a livello reale e pratico, attraverso interventi, piani di sviluppo, studi e ricerche. Alcune questioni che si pone possono essere.
  • Il cliente e' soddisfatto del servizio offerto?


  • Gli operatori turistici hanno una formazione adeguata?


  • Cosa spinge un turista a scegliere una particolare destinazione rispetto ad altre?


  • Posso influenzare le sue scelte? Se si', in che modo?
Lo psicologo puo' intervenire nelle aziende di settore e nelle attivita' imprenditoriali turistiche per coadiuvarle e migliorarle, ma puo' anche lavorare per enti turistici e comuni al fine di elaborare efficaci piani di sviluppo turistico. Puo' quindi inserirsi sia in ambito pubblico che privato.

Le ricerche di mercato sono ancora poche, tuttavia i corsi dedicati alla Psicologia del Turismo si stanno moltiplicando. Attualmente sono poche le realta' turistiche che si avvalgono della consulenza di uno Psicologo del Turismo, ma ritengo che questo rimanga comunque un settore in espansione che potra' offrire nuovi sbocchi professionali e occupazionali.

Foto by Frengo

martedì 27 marzo 2007

Ecco l'Iper-reality Show


Il giovane che vedete nella foto, Justin Kan, trascorre la sua vita sotto l'occhio di una webcam. L'ideatore trasmette in diretta le proprie giornate, 24 ore su 24, sul sito "Justin.tv".

Nel sito si presenta "il cast", ossia i quattro ragazzi protagonisti di quest'avventura, c'è un blog che ricapitola cosa è avvenuto nelle puntate precedenti e dulcis in fundo un forum con vari canali tematici entro cui gli utenti possono interagire.

Non e' la prima volta che avviene un esperimento del genere, anche se in questo caso l'esperimento e' stato concepito fin dall'inizio come un'operazione commerciale, con tanto di societa' creata appositamente per gestire tutto il progetto e anche un paio di sponsor.

L'idea è una sorta di esasperazione della logica base dei reality, cioè il sottile piacere che lo spettatore medio ricava dallo spiare dal "buco della serratura", solo che qui la dimensione si allarga fino a comprendere la possibilità di interagire con altri utenti e scambiarsi opinioni su cosa Justin dovrebbe fare o su cosa potrebbe offrire in più questo sito. Il format base del "Grande Fratello" viene ripreso offrendo un'ulteriore opportunità all'internauta, cioè espandere il livello di presenza sociale creando delle comunità virtuali sulla basi considerazioni, modifiche e suggerimenti proposti in relazione allo show.

Come insegna il fenomeno del Web 2.0, il futuro sta proprio nell'ambito relazionale che l'uso di internet garantisce, ossia nella possibilità di realizzare l'interazione sociale mediante la tecnologia; appare quindi evidente a livello di comunicazione dagli utenti, le potenzialità di justin.tv sono tutte da sfruttare.

Foto by Laughing Squid

lunedì 26 marzo 2007

Anche Tim si avvale del marketing d'assalto


Una nuova iniziativa è stata messa a punto da Tim per promuovere Alice Messenger, il nuovo servizio di istant messaging utilizzabile mediante cellulare. Nelle prossime due settimane Milano e Roma saranno invase da Emoticons sotto forma di locandine, opuscoli, adesivi, da mezzi di trasporto contraddistinti dal marchio di appartenenza, nonchè da avvenenti ragazze intente ad illustrare ai passanti i vantaggi del prodotto in questione.

Questo costituisce un classico esempio del "guerrilla advertising", ossia la pubblicità che esce dal recinto dei media tradizionali per penetrare laddove la vita quotidiana viene realmente vissuta e per rapportarsi con la gente in modo diretto, provocatorio e spiazzante. La guerrilla si trova nelle strade delle città, sui muri, sulle panchine, sui fondi dei bicchieri, in finte conversazioni, perfino sul corpo umano.

La guerrilla raggiunge il consumatore nei momenti e nei luoghi in cui non è attiva la sua "coscienza pubblicitaria", come accade invece davanti alla televisione o ascoltando la radio, quando cioè le sue difese nei confronti dei messaggi promozionali sono abbassate. Incuriosire, intrigare e coinvolgere sono gli effetti primari cui mira questa tecnica comunicativa, tuttavia risulta importante anche innescare un processo di riflessione, che però avviene solo come conseguenza dell'impatto creato dalla merce.

La guerrilla non colpisce la massa, ma il singolo, ribaltando l'approccio classico e invertendo il meccanismo di generazione di notorietà. Gli attacchi di guerrilla si basano su un circolo che si rivela "virtuoso" per l'ideatore del fenomeno; infatti queste manifestazioni generano straniamento, lo straniamento produce il passaparola, il passaparola si diffonde in maniera "virale" nella popolazione e la diffusione virale garantisce notorietà al prodotto.

Una modalità indubbiamente fruttuosa e innovativa, tuttavia anche rischiosa; infatti il pericolo concreto è quello di abusare di questo pattern pubblicitario reiterando il problema dell'information overload, ossia dell'eccesso di informazioni provenienti costantemente da qualsiasi canale informativo che possono soffocare il consumatore e portarlo alla drastica decisione di non voler fruire più di nessun messaggio pubblicitario.

Al di là dello stupore iniziale che ci porta ad essere più attenti e a processare più facilmente le informazioni, quando la quantità di pubblicità presente ovunque diventa eccessiva, il nostro sistema cognitivo viene sovraccaricato ed esperiamo una difficoltà nell'elaborazione dei messaggi che intacca la nostra normale efficienza mentale.

Quindi l'avvertimento che si potrebbe dare in questo caso, può essere mutuato dal più classico degli slogan farmaceutici: usare con moderazione.

Foto by [mini]marketing

domenica 25 marzo 2007

Nasce il cellulare a misura d'uomo


Pensato per un target over 50, il Life Phone garantisce all'utente un ritorno alla semplicità e alla sobrietà funzionale, bypassando gli orpelli e le centinaia di funzioni accessorie che ora come ora la fanno da padrona nei nostri telefonini.

Il cellulare verrà lanciato sul mercato a maggio e concede solo due possibilità, ossia la classica telefonata e il messaggio di testo. La casa produttrice del telefono, l'austriaca Emporia, si è basata su un assioma tanto semplice nella sua formulazione, quanto complesso da trovare nella realizzazione pratica: l'utente è più soddisfatto se il cellulare si adatta alle sue caratteristiche e non se avviene viceversa.
Questo modello è pensato per spianare la strada quando si ha a che fare con la tecnologia; una priorità che è ancora oggi riscontrabile in una larga parte della popolazione, che va anche oltre la fascia d'età del pubblico cui il Life Phone si rivolge.

La parola d'ordine è Usabilità, definita come l'efficacia, l'efficienza e la soddisfazione con cui gli utenti raggiungono determinati obiettivi in contesti specifici. In pratica definisce il grado di facilità e soddisfazione con cui l'interazione uomo-strumento si compie.

Life Phone potrebbe incarnare quest'esigenza che si fa sempre più pressante tra la popolazione. Attribuire immediatamente ad ogni tasto una funzione, senza dover elucubrare complicati piani per attuare una semplice operazione, per molti modelli di cellulari rimane un miraggio, così come l'avere un menù intuitivo e una rubrica facile da scorrere e utilizzare.

Nell'era dei media digitali, l'interfaccia diventa parte integrante del contenuto, influenzando la nostra modalità di fruire il messaggio: non preferiamo forse leggere un sms sulla schermata intera ed accedervi mediante un solo pulsante, piuttosto che dover schiacciare più bottoni e usare una rotellina per scorrere tutto il testo? Se è il prodotto ad adeguarsi ai nostri schemi cognitivi e funzionali, avrà di sicuro successo sul mercato.