sabato 21 aprile 2007

La nuova YouTube in versione cellulare si chiama Mobango


Mobango è un sito Internet che permette di creare, archiviare e condividere i file sul proprio telefonino. Un vero e proprio YouTube, ma sempre a portata di mano. Il target di riferimento è quello dei ragazzi, che più delle altre fasce di pubblico appare interessato al download gratis di suonerie, video, sfondi e software per il cellulare.

Su Mobango è possibile accedere a 1 GB di spazio personale per i file e condividerli con gli amici.
La versione 2.0 del sito ha inoltre introdotto strumenti per il social networking, fra cui lo scambio di messaggi per implementare la dimensione relazionale, offrendo la possibilità di trovare nuovi amici e creare gruppi di condivisione di contentuti legati a temi specifici:
attualmente i gruppi esistenti sono più di mille e­ settimanalmente se ne aggiungono centinaia.

La caratteristica che contraddistingue Mobango è che ogni membro può archiviare qualsiasi file originale, caricandolo e pubblicandolo via web sul sito, scegliendo quale condividere e con chi. Il sito converte i file in maniera automatica per garantire la loro compatibilità con i diversi telefoni cellulari e i vari sistemi operativi. Questo servizio apre lo spazio ad una nuova libertà di accesso e di utilizzo dei contenuti generati dagli utenti, generando enormi potenzialità di personalizzazione e di condivisione e dando vita a reti basate su gusti e interessi comuni.

Fino a poco tempo fa lo scenario dell’offerta di servizi di telefonia mobile era imposto dagli operatori e dai grandi portali. Al di fuori di questi ambiti per gli utenti non c’era una reale disponibilità di scelta. Il Mobile Internet sta cambiando completamente il quadro di riferimento, in quanto consente di accedere ad una quantità enorme di contenuti originali che vengono condivisi nel web per arrivare poi ai telefoni cellulari. La replicabilità di Internet sul cellulare apre la via ad una nuova autonomia e libertà individuale, la quale consente di scegliere fra contenuti molto diversi e che come tale travalica l’offerta dei servizi mobili offerti dagli operatori.
Mobango è ben posizionata per poter cogliere nuove opportunità di scelta e di personalizzazione, in quanto ha già acquisito nell’ambito dell’entertainment un insieme unico di servizi tagliati su misura sia per gli utenti web sia per quelli di telefonia mobile.
Foto by E-luce

venerdì 20 aprile 2007

L'italia pianta una bandiera sui blog


Dopo giapponese, inglese e cinese nel mondo dei blog si parla italiano. La nostra lingua si è affermata in un confronto diretto con lo spagnolo e ci aggiriamo intorno al 3% di diffusione nella blogosfera.

Sifry&co illustra un mondo informatico in continua evoluzione: 120mila nuovi blog vengono creati ogni giorno con una media di 17 messaggi scritti ogni secondo. Si è passati dagli 8 milioni di blog creati nel 2005 ai 72 milioni pubblicati solo nei primi mesi del 2007.

Se confrontiamo le lingue dominanti sul web con le dimensioni degli stati di appartenenza appare chiara una sproporzione: l'italiano si parla solo nel nostro paese, di conseguenza "il peso" che il nostro idioma riveste nella rete è molto maggiore, proprio perchè rappresenta un'unica nazione che di certo non ha un'estensione paragonabile a quella di Cina, Giappone o Stati Uniti.

Ciò va a palesare che il bisogno di affermazione del proprio sè entro il blog è una realtà molto sentita nella nostra penisola e che il web 2.0 è entrato a fare parte della nostra quotidianità con cifre sconvolgenti come affermano i dati sopracitati.

Questa è la conferma che la verve comunicativa italiana, riconosciuta anche all'estero, va oltre le barriere tecnologiche e stimola l'uso del pc anche da parte di un'utenza, come quella nostrana, che non ha mai primeggiato nelle classifiche di impiego del computer in altre aree come il lavoro o lo studio.

Riprendendo il tradizionale adagio di Macchiavelli, "Il fine giustifica i mezzi" e se lo scopo è affermare le proprie idee e condividere il proprio pensiero con altri, diventa facile anche servirsi dell'offerta informatica.

Foto by John Block

mercoledì 18 aprile 2007

Medici e importanza della comunicazione


La non adesione alle cure prescritte dal dottore è un fenomeno frequente e uno studio pubblicato recentemente sugli Annals of Internal Medicine ha evidenziato che la causa maggiormente implicata in questo processo è la cattiva comunicazione medico-paziente.

La ricerca ha infatti appurato che il grado di istruzione dei pazienti non incide in maniera significativa sull'aderenza ai trattamenti e sull'assunzione dei farmaci indicati, ma la variabile cruciale in questo senso è proprio la chiarezza espressiva e la modalità esplicativa adottata dal professionista.

In particolare i medici che durante il loro periodo di formazione hanno seguito dei corsi di comunicazione sono risultati più in grado di comprendere e farsi comprendere dai propri pazienti.
Ritengo che in un'epoca come questa, in cui accedere alle fonti informative è tanto semplice come bere un bicchier d'acqua, la nuova frontiera della comunicazione in ambito clinico sia ristabilire gli equilibri e sottolineare come il parere medico rimanga autorevole e insostituibile.

Indipendentemente dalla scolarità, chiunque di noi può accedere mediante internet alla descrizione dettagliata di una specifica patologia oppure all'iter terapeutico che essa richiede, ciò che continua a mancare sono gli strumenti interpretativi adeguati, essenziali per non cadere in esagerati allarmismi - consultando un sito possiamo convincerci che un banale sanguinamento del naso sia in realtà un'epistassi antecedente di una terribile malattia - ed attribuire ad ogni notizia il giusto peso, capacità che abbiamo perso ormai da molto tempo.

La funzione informativa del medico è sicuramente secondaria rispetto ad un tempo, in quanto attualmente disponiamo dei modi e dei mezzi per ampliare le nostre conoscenze, ma la sua capacità di spiegare in termini comprensibili ed esporre chiaramente a cosa corrisponda nella realtà la descrizione trovata online di un determinato malanno, è fondamentale oggi più che mai.

Il web è una valida risorsa, ma come tutti gli stumenti può essere utilizzato in maniera sterile oppure appropriata e produttiva: nel campo sanitario sta al medico chiarirci come accedere a questa seconda opportunità.

Foto by Littman

martedì 17 aprile 2007

I comandamenti del bravo blogger


E' quanto propongono Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, e Tim O'Reilly, filosofo della nuova generazione di comunicazioni interattive. L'idea è quella di introdurre delle regole di convivenza civile tra gli oltre 70 milioni autori di pagine e diari sparsi in Rete.

Se andasse in porto, l’iniziativa si tradurrebbe per i blogger in una sorta di manifesto da sottoscrivere, con tanto di distintivo da esibire sulla home page e ogni firmatario dovrebbe poi comportarsi di conseguenza, ad esempio cercando di sedare le risse verbali, scrivendo magari privatamente al disturbatore per indurlo a più miti consigli, scongiurando risse virtuali e guerre digitali.

Ovviamente le polemiche si sono scatenate e hanno già sommerso i guru del web tacciandoli di voler introdurre un totalitarismo online, nonchè di sancire mediante queste regole il declino e l'estinzione dei blog stessi.

In realtà non vedo nulla che intacchi così pesantemente la libertà personale: innanzitutto una netiquette più o meno formalizzata è già in voga da anni e il progetto di tante chat e forum è sempre stato quello di passare da un "censore esterno", ad esempio la figura del moderatore, ad un "censore interno", ossia una sorta di coscienza online insita nel soggetto stesso che gli permetta di autoregolarsi e di definire cosa sia adeguato o meno ad un determinato contesto.

Fenomeni come l'insulto gratuito e il blocco della possibilità di comunicare attuato mediante l'invio reiterato dello stesso messaggio, sono pratiche tanto fastidiose quanto diffuse, tanto da avere una denominaizone specifica - rispettivamente flaming e bombing - e tutti gli internauti abituali le eviterebbero volentieri.

Quelle proposte da Wales e O'Reilly più che indicazioni rivoluzionarie sono semplici regole di buon senso: no a insulti, ad abusi verbali, attacchi ingiustificati verso altri utenti e niente commenti anonimi. Nulla di trascendentale, solo l'esplicitazione di una comunità di pratiche già esistente nella blogosfera.

L'utente medio si sente minacciato, in quanto percepisce internet come un mondo a sè e ingenuamente crede che delle norme predeterminate possano ledere il suo diritto d'espressione, tuttavia nessuna esperienza di vita in cui ci si debba relazionare con gli altri, tra cui anche il famosissimo second life, è priva di una matrice culturale da rispettare, proprio perchè senza gettare le basi di una convivenza civile non è possibile sopravvivere nemmeno in ambienti in cui la realtà di riferimento è virtuale.

Quindi perchè non aderire ad un codice comportamentale che non impone diktat inaccettabili e non limita la libertà dell'internauta, ma al massimo la valorizza e la espande?

Foto by msabramo

lunedì 16 aprile 2007

Come rendere il peer to peer legale


ShareMonkey è un servizio pensato per rendere legali i contenuti scaricati da Internet, tendenzialmente attraverso le piattaforme p2p; infatti basta qualche clic per risalire alla fonte dei materiali e decidere se acquistarli.

ShareMonkey afferma di aver individuato l'origine degli album da cui sono presi i 500mila mp3 più condivisi online e di circa di 200mila film, numeri che sembrano destinati a crescere quotidianamente.

Il programma si rivela piuttosto intuitivo e semplice da usare al momento pratico dell'interazione. Altri due vantaggi che sperimenta l'internauta sono la possibilità di mettersi in regola senza dover eseguire procedure complesse, ma sfruttando la linearità e l'immediatezza di cui si fa garante il servizio e inoltre di sostenere economicamente i contenuti giudicati di qualità, dando nuovo impulso al mercato cinematografico/musicale.

Tuttavia è difficile dire se questa iniziativa contrasterà lo sharing libero all'interno del web, perchè il problema di fondo sta nella concezione che l'individuo ha dei file mp3 e mpeg: il fatto che essi siano astratti e intangibili, ostacola la sua percezione dell'illegalità e non rende manifesta la natura abusiva di questi atti.

Un altro spinoso problema da affrontare riguarda il presunto diritto, che ormai gli internauti sentono come primario e inalienabile, alla condivisione dei materiali in maniera del tutto gratuita. Credo quindi che ciò che manca non siano gli strumenti per attuare il passaggio da illecito a lecito, bensì una cultura diffusa e consolidata in rete dell'importanza del rispetto del copyright e dei diritti d'autore.

Foto by jisc _ infonet

domenica 15 aprile 2007

Il macaco è un nostro parente stretto


Gli scienziati hanno sequenziato ed analizzato il genoma del macaco, differenziatosi dall'uomo 25 milioni di anni fa, scoprendo che l'uomo condivide con esso il 97,5 % dei geni. La scoperta potrebbe fare da apripista alla ricerca in diverse aree, come le malattie cardiovascolari e l'Aids, e potrebbe far luce su quell'intricato mistero che è l'evoluzione umana.

Sicuramente uno dei risvolti più importanti di questa scoperta è la possibilità di creare farmaci ad hoc per specifiche patologie, ma grazie a questa analogia tra i corredi genetici, sono attuabili anche dei progressi in altri ambiti come l'endocrinologia e la fisiologia riproduttiva.

Attualmente il macaco è considerato il modello animale migliore su cui basarsi per approfondire la conoscenza del virus Hiv e per portare avanti la ricerca sui vaccini: tutto ciò è possibile in quanto la somiglianza a livello fisiologico che il macaco ha con l'uomo è molto marcata. Comprendere a fondo il suo genoma e individuare dove si rivela differente da quello umano significa fare maggiore chiarezza sul processo evolutivo dell'uomo, con importanti ripercussioni per la medicina.

Come e perchè si siano originate delle modifiche nel corso dell'evoluzione rimane ancora oscuro, tuttavia i genetisti stanno cercando di individuare gli elementi chiave per comprendere la questione.

Da un paio d'anni si è accertato che l'uomo condivide il 99 % del corredo genetico con lo scimpanzè, ora questa nuova scoperta non potrà fare altro che dare un nuovo impulso alla ricerca e in modo particolare allo studio delle malattie genetiche negli esseri umani.

Foto by ArthurPijpers