venerdì 1 giugno 2007

Bastano 4 mesi di vita per distinuguere fra lingue diverse


Da un recente studio risulta che i bambini a 4 mesi sono già in grado di distinguere fra lingue diverse basandosi sull'osservazione del volto del parlante.
I ricercatori dell'università di Vancouver hanno mostrato a 36 bambini di 4mesi di lingua madre inglese dei filmati senza audio in cui apparivano gli stessi volti che pronunciavano frasi sia in francese che in inglese.

La situazione di controllo prevedeva che agli stessi bambini venissero mostrati dei video con persone che pronunciavano frasi solo nella loro lingua madre.

Si è riscontrato un tempo di fissazione più lungo dei volti mentre pronunciavano delle proposizioni in lingua straniera, segno palese, secondo gli scienziati, di discriminazione tra le due situazioni.

Era già stato dimostrato che i bambini a quest’età sono capaci di distinguere i diversi idiomi se li sentono, ma per la prima volta è stato appurato che bastano gli stimoli visivi per identificare la lingua di appartenenza.

Lo stesso esperimento è stato ripetuto a 6 e 8 mesi e sorprendentemente il risultato cambia: l'abilità viene conservata nel primo caso, ma non nel secondo.
Questa ulteriore scoperta è stata interpretata dagli esperti come un'innata capacità di riconoscere tra lingue differenti finché non se ne impara una definita; infatti pare quasi che il cervello, quando consolida una lingua propria, ritenga di non avere più bisogno di distinguere le altre.

Al contrario dei bimbi che hanno una sola lingua madre, i bilingui a 8 mesi non perdono la capacità di distinugere tra gli idiomi.

Questo suggerisce che tali soggetti impiegano più tempo a sviluppare nel cervello le aree deputate all'elaborazione linguistica, ma una volta consolidate, la loro capacità di passare da una situazione verbale all'altra è rapida e non comporta alcuno sforzo.

Foto by Hammer51012

giovedì 31 maggio 2007

Ci si prepara a dire addio alla tv tradizionale?


Il mese scorso uno dei canali televisivi statunitensi più importanti, Nbc, ha registrato il livello di audience più basso degli ultimi 20 anni.

Tra le rassicurazioni di chi dice che è un momento di crisi passeggero e che la sorte del potente network continuerà ad essere rosea come è sempre stata e chi si appiglia a motivazioni molto discutibili per giustificare questo brusco calo, ad esempio l'avvento anticipato dell'ora legale, la vera preoccupazione riguarda il mondo pubblicitario: un business da 54 miliardi di dollari destinato ad essere messo in discussione se gli spettatori cominciano a cercare vie alternative a quella televisiva.

Le reali cause di questo crollo verticale molto probabilmente sono di altra natura, tendenzialmente imputabili al boom di internet: il mondo televisivo classico soccombe all'offensiva del web, perchè non offre all'utente tutte le opportunità che i nuovi servizi mettono a disposizione.

Proponendo una vasta gamma di video, spettacoli e telegiornali, la rete permette di avere ampie possibilità di scelta nella fruizione e di diventare anche protagonista, condividendo con gli altri internauti i propri contenuti (YouTube è l'emblema di tale fenomeno).

Altro elemento cruciale che esorta a virare verso una meta virtuale, è la rapida diffusione dei Dvr (Digital video recording), che cambiano il modo di fruire il mezzo televisivo; infatti tali dispositivi consentono di registrare digitalmente tutti i programmi tv, anche se trasmessi contemporaneamente da due reti diverse.

Il risultato è che ognuno personalizza il proprio palinsesto, non dovendo più subire contenuti che alimentano gli sbadigli e invogliano a leggere un buon libro piuttosto che a guardare i programmi trasmessi, perchè è il soggetto che diventa l'artefice della propria fruizione televisiva.

Per i network tradizionali tutto questo si traduce in un duplice svantaggio. Per prima cosa la maggior parte degli spettatori smette di guardare i programmi in tempo reale e, non esistendo un sistema di rilevamento per gli ascolti differiti nel tempo, si perde la cognizione di ciò che il pubblico segue veramente e di cosa preferisce evitare. Inoltre la registrazione offre anche la possibilità di saltare gli spot pubblicitari, vanificando miliardi spesi per attirare l'attenzione dello spettatore durante gli intervalli del suo telefilm preferito.

Il futuro dell'Italia non sarà molto diverso: è risaputo come rispetto agli Stati Uniti le dinamiche mediatiche da noi siano più arretrate, ma è solo questione di tempo e anche nella nostra penisola si dovranno mettere in discussione le modalità comunicative classiche per dedicarsi a quelle più innovative.

Foto by paulpablopawel

mercoledì 30 maggio 2007

Cosa ci spinge a comprare


Le motivazioni che ci inducono ad acquistare sono le stesse sottese all’agire a più ampio raggio.

I fattori che ci spingono all’acquisto sono connessi ad una unità motivante specifica: la tensione.

Si possono individuare 3 fasi mentali che rendono l’acquisto effettivo :
· In primis percepiamo uno squilibrio tra ciò che abbiamo e ciò che potremmo ottenere e che riteniamo ci gioverebbe.
· In secondo luogo creiamo un collegamento tra l’usufruire di un prodotto/servizio e la possibilità di ristabilire l’equilibrio perduto.
· Infine concretizziamo il nostro nuovo status (dalla percezione di squilibrio a quella di equilibrio)mediante l’acquisto, che è solo il risultato finale delle precedenti operazioni cognitive.

Proprio in virtù di questo meccanismo, possedere un bene diventa un’esigenza sentita per il consumatore quando si lega alla sua personalità: posso fare a meno di un maglione bello, ma non di uno di una marca che rappresenta eleganza, stile e classe, perché sento di possedere tutte e 3 queste caratteristiche.

Queste riflessioni ci permettono di vedere l’acquisto come atto di riduzione della tensione in relazione a delle variabili psicologiche; infatti talvolta basta un capo firmato anche non mostrato, ad esempio la biancheria intima, per farci sentire diversi, più grintosi e sicuri di noi stessi.

In una società come quella odierna, in cui gli articoli immessi sul mercato spesso si equivalgono (tutti gli shampoo lavano e tutti i pennarelli colorano), l’elemento cruciale che determina l’orientamento all’acquisto, non è più la bontà del prodotto in sé, bensì i valori cui esso viene associato e la condivisione o meno da parte dell’utente delle caratteristiche che il brand incarna.

Foto by artcphoto

martedì 29 maggio 2007

La politica colonizza YouTube


Hillary Clinton ha organizzato una campagna online per decidere la colonna sonora della propria corsa alla presidenza.

Sia su YouTube che sul sito ufficiale dell’ex first lady statunitense l’appello rivolto agli internauti è il medesimo: dare un contributo per individuare il motivo musicale che farà da sottofondo alla sua campagna politica.

Il senatore di New York con questa iniziativa coniuga due importanti elementi: la possibilità di bypassare le classiche melodie musicali di partito coinvolgendo attivamente gli utenti e soprattutto l’opportunità di trovare una via alternativa per avvicinare alla politica una grande fetta della popolazione degli U.S.A., che è tendenzialmente più interessata alle canzoni che non al programma politico: i giovani.

Tutto ciò si può dedurre dal repertorio proposto tra cui scegliere: nulla di datato e tradizionale, bensì il focus è orientato su pezzi recenti, come Beautiful Day degli U2, o evergreen noti anche alla fascia più giovane, come Every little thing she does is magic dei Police.

La corsa alla conquista del target con l’età più bassa è ormai partita. Sicuramente la modalità adottata ha Hillary Clinton non è convenzionale e punta su elementi marginali, in quanto è più significativo avvicinarsi al mondo della politica per reale interesse verso le migliorie proposte da un candidato piuttosto che per uno stacchetto sonoro, tuttavia questo metodo sembra funzionare, poichè dal lancio dell'iniziativa le letture dei video ufficiali hanno superato quota 500.000.

Certo esiste anche il rovescio della medaglia: si sa che gli utenti del web sono spesso artefici di molte goliardate e si trovano già in rete svariate parodie con colonne sonore a dir poco imbarazzanti.

Per farsi conoscere e votare si deve essere disposti a qualche sacrificio e se l’ormai datato detto “non importa come, basta che se ne parli” è ancora valido, la trovata di Hillary Clinton avrà comunque dei riscontri.
Foto by marcn

lunedì 28 maggio 2007

Lavagne interattive tra teoria e pratica



Il valore delle lavagne interattive (vedi post in merito) è induscitibile, ma il problema rimane sempre la formazione dei docenti, in quanto, come spesso accade anche con altre tecnologie, manca l'effettiva connessione tra l'utilizzo dello strumento e la modalità di fare lezione.

Tutto ciò è stato messo in luce dalla rassegna "Scuola 8.0", il seminario internazionale sull'uso della lavagna interattiva nella didattica, che si è svolto a Bologna la scorsa settimana.

Al convegno in questione hanno partecipato 700 persone tra studenti e docenti, i quali hanno reso pubbliche le loro esperienze con il suddetto strumento. Nonostante fossero presenti anche esponenti di altre regioni, l'Emilia-Romagna e in particolare la città di Bologna si sono distinte per la loro capacità di innovazione e sperimentazione, come dimostrato dalla rapida adozione delle lavagne multimediali nelle scuole del luogo.

Luigi Guerra, preside della facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Bologna, durante il seminario ha parlato di una "deriva tecnocratica in assenza di chiari modelli metodologici di riferimento sull'uso della lavagna". Per questo si è impegnato, con il suo dipartimento, ad approfondire il problema.

Dell'importanza degli strumenti multimediali a scuola se n'è resa conto anche la Fondazione Carisbo, che nel 2006 ha donato a tutte le scuole di Bologna un'aula con l'intera strumentazione e, per l'anno prossimo, essa si è già detta disponibile a fornire un secondo kit di lavagne interattive.
Come spesso accade il problema non sono i mezzi in sè, ma l'effettiva applicazione degli ultimi ritrovati tecnologici alla didattica: uno strumento innovativo di cui non si sfruttano adeguatamente le potenzialità non giova all'apprendimento, bensì penalizza tutti quesgli studenti che potrebbero beneficiare di pratiche di insegnamento che nella realtà non vengono messe in atto.
Foto by chappie