giovedì 22 marzo 2007

Autismo e talento: un miracolo inspiegabile?

L'immagine che vedete qui sopra, è un disegno realizzato da Stephen Wiltshire, un ragazzo londinese cui è stata diagnosticata la sindrome autistica a tre anni. Al di là della strabiliante maestria con cui ha reso l'edificio, ciò che stupisce è il fatto che l'abbia visto una volta sola, durante un viaggio in elicottero in cui ha sorvolato Roma.

Com'è possibile che l'autismo limiti tanto nell'ambito relazionale, impedendo una comunicazione adeguata all'età del soggetto e lo sviluppo di un linguaggio appropriato, ma spesso si correli a stupefacenti abilità (es calcolo, memoria, arte ecc) ?


La risposta deriva dalla tesi di Gardner, secondo cui non esiste un’unica intelligenza, ma tante, autonome e indipendenti, con facoltà specifiche nell’apprendere regolarità e strutture in ciascun ambito cognitivo e verosimilmente con basi neurali proprie. Nel caso degli artisti autistici assistiamo ad un tipo di intelligenza particolare, confinata all’area grafico-pittorica che emerge con forza rispetto ad uno sfondo costellato da prestazioni mediocri o altamente deficitarie.


Già gli studi di Baron-Cohen a metà degli anni '90 avevano evidenziato come gli autistici riportassero un deficit nell'attivazione dell'amigdala, la struttura preposta a rilevare gli stati mentali ed affettivi altrui, e proprio a causa di questa disfunzione, si determina un iperinvestimento sull’ippocampo, che causa un iperfunzionamento dell'ambito mnestico e delle capacità visuo-percettive.


Ecco perchè gli autistici riescono a disegnare con estrema precisione e minuzia luoghi visti solo una volta, focalizzando ogni singolo elemento che li caratterizza e riproducendolo con una precisione impressionante.


Molti studiosi definiscono la loro "un'arte fittizia", in quanto tecnicamente perfetta, ma priva di intenzionalità. Io non sono totalmente d'accordo con questa visione, anzi credo che sia il loro modo per relazionarsi con chi hanno accanto attraverso un canale privilegiato.


Credo che la produzione autistica non vada considerata come un semplice processo meccanico di acquisizione di informazioni visive e di conseguente riproduzione fedele su carta, ma come uno sforzo per abbattere un muro di silenzio che avvolge chi ne è prigioniero, portando il potenziale spettatore ad apprezzare in toto l’opera prodotta, ma anche ad avvicinarsi di più ad una dimensione che rimane un annoso enigma.
Foto by Vincent Du

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