giovedì 10 maggio 2007

Quando il gioco si fa virtuale, la psicologia comincia a giocare


Uno dei giochi indipendenti più famosi dello scorso anno, flOw, è stato convertito per permettere agli utenti di utilizzarlo anche sulla Playstation 3 e alla base di questa iniziativa c'è l'applicazione di uno studio psicologico sul fenomeno noto con lo stesso nome del gioco in questione.

La collaborazione che ha portato allo sviluppo di flOw coinvolge più attori: il dipartimento di psicologia della University of Chicago, quello della Claremont University, il dipartimento di Interactive Media della University of Southern California e la Sony.

Tutto è iniziato quando uno studente americano, Jenova Chen, ha deciso che l'argomento della propria tesi sarebbe stato la relazione tra i media interattivi e il fenomeno del flow.

In psicologia il flow è una condizione caratterizzata da un senso di piacevolezza e soddisfazione dovuto all'attività in cui si è impegnati, da una sensazione di essere all'altezza delle sfide che il compito pone, nonchè da una sorta di alterazione temporale (il soggetto risulta tanto concentrato e assorbito da quello che sta facendo da non percepire il tempo reale che passa).

La prima versione di flOw è stata programmata in Flash e avrebbe dovuto semplicemente essere una dimostrazione pratica dell'oggetto di discussione entro la sessione di laurea, invece, con enorme sorpresa, è diventato un fenomeno conosciuto a livello mondiale e Sony ha contattato il brillante studente per commissionargli la conversione del gioco per la playstation 3.

Il concetto di base è semplice. Il giocatore controlla una piccolo animale acquatico, che per sopravvivere deve nutrirsi di plancton e di altre creature marine. Ad ogni predazione, il protagonista muta leggermente la propria struttura corporea in base a ciò di cui si è nutrito e man mano che scende a profondità maggiori, trova creature più aggressive che cercano di ucciderlo per non essere mangiate.

L'applicazione del flow è trasparente: parallelamente all'aumento di livello del gioco aumentano anche la difficoltà delle prove cui il giocatore è sottoposto, ma essendo un processo graduale, ci si sente sempre più partecipi e coinvolti e cresce anche la fiducia nelle proprie capacità. Il compito di volta in volta diventa più impegnativo, ma il soggetto non percepisce uno stacco netto tra un livello e l'altro e questo gli permette di adeguarsi in maniera naturale alle richieste che il videogame avanza.

Mai come in questo caso la tesi è stata uno strumento di presentazione e di valorizzazione delle proprie capacità; infatti ora Jenova Chen lavora alla Maxis allo sviluppo del gioco Spore e gli si prospetta una brillante carriera nell'ambito lavorativo della human-machine interaction.

Foto by wili_hybrid

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